La cosmesi al tempo degli Egizi

28.04.2025

Corpo snello, bacino stretto (al punto che molte donne morivano di parto), viso dal profilo purissimo, occhi di taglio orientale rappresentavano l'ideale di bellezza e l'aspetto delle donne egizie. Questi elementi sono messi in notevole rilievo in una delle più famose opere del mondo: il busto di Nefertiti, principessa del popolo indoiranico dei Mitanni e poi sposa di Amenophis IV, meglio noto con il nome di Akhenaton. 

La donna egizia aveva molta cura della propria persona. Si lavava al mattino appena alzata (in fiume o in piscina), prima dei pasti e due volte prima della notte. Non essendoci il sapone, si strofinava la pelle con una polvere a base di patron, cenere e argilla. Le donne di nobile estrazione, invece, si affidavano alle cure delle "schiave degli unguenti": massaggi, depilazioni, applicazioni di olii profumati per ammorbidire la pelle e proteggerla dal sole, sistemazione della parrucca e delle vesti, inducevano la nobildonna a passare ore ed ore nelle mani delle preziose collaboratrici.

La donna egizia aveva molta cura della propria persona. Si lavava al mattino appena alzata (in fiume o in piscina), prima dei pasti e due volte prima della notte. Non essendoci il sapone, si strofinava la pelle con una polvere a base di patron, cenere e argilla. Le donne di nobile estrazione, invece, si affidavano alle cure delle "schiave degli unguenti": massaggi, depilazioni, applicazioni di olii profumati per ammorbidire la pelle e proteggerla dal sole, sistemazione della parrucca e delle vesti, inducevano la nobildonna a passare ore ed ore nelle mani delle preziose collaboratrici.

Per i massaggi era utilizzato un miscuglio di fango, minerali e bromo. Cure particolari erano rivolte alla pianta del piede. Il massaggio era eseguito con ciottoli di fiume, a cui spesso era aggiunta della cenere. Era compito della donna, in genere, lavare i piedi al proprio marito. Spesso, dopo il lavaggio del corpo, venivano usate erbe medicinali per disinfettare eventuali piccole ferite. La depilazione avveniva tramite un movimento circolare e continuo di un filo. I peli si "impigliavano" naturalmente in esso e fuoriuscivano dal bulbo. Per rinforzare le unghie e allo stesso tempo per tingerle, si applicava dell'hennè mescolato con olio di sesamo. 

Importantissima era la diffusione dei profumi, a cui era attribuita un'origine divina. Gli Egizi impiegarono moltissimo le piante a fini terapeutici, magici e liturgici e probabilmente furono in grado di distillarle per ottenere essenze come: cedro, cannella, terebinto, mirto, rosa, incenso. Si dice che le vele della nave di Cleopatra fossero intrise di acqua di rose, il cui profumo, trasportato dalla brezza, annunciava il suo arrivo. In genere queste piante venivano poste in un recipiente pieno d'acqua calda, ricoperto da un tessuto intriso di resine. Il vapore si condensava sul panno e la resina assorbiva i profumi. 

Specie sotto la XVIII Dinastia (1580 – 1320 a.C.) l'uso dei cosmetici si diffuse anche nelle classi meno abbienti. Per schiarire la pelle veniva applicato uno spesso strato di biacca (polvere di piombo) mescolata con polvere di escrementi di coccodrillo. Per tingere le guance si stendeva ocra rossa e olio di sesamo. Una pasta nera a base di galena e polvere di granito (Kohl) veniva usata per segnare la rima palpebrale, allungata fino alla tempia in modo orizzontale. Per ciglia e sopracciglia, il cui disegno seguiva la linea dell'occhio, si usava un impasto di polvere di malachite verde. Le palpebre venivano colorate di verde, azzurro, oro e argento. Del Kohl facevano uso anche gli uomini, per motivi estetici, igienici (allontanava le mosche) e anche terapeutici (proteggeva dai raggi solari e scongiurava il pericolo dell'oftalmia). Con un pennellino si tingevano le labbra di rosso carminio, rosso Hennè o Alcanna d'Oriente, e con un estratto di alghe marine, lamponi o more. 

Le donne più raffinate si tingevano con l'hennè le piante dei piedi, le unghie e i palmi delle mani. Per un certo periodo fu di moda dorarsi completamente il seno, lasciandolo scoperto. I capelli venivano rasati completamente (a volte li si lasciava molto corti, non più di un dito) e si indossava una parrucca nera o blu, di crine o di seta, di lana (il popolo e gli schiavi) o di capelli veri. I sacerdoti lasciavano il cranio nudo, caratteristica che ne distingueva la casta. I colori del trucco venivano impastati nelle cosiddette "tavole da belletto", con fini bassorilievi, a volte simboleggianti Hathor, dea della danza, della musica, del canto e dell'amore. I recipienti dove venivano posti gli "ingredienti" erano per lo più vasetti, fiale, piccole anfore di varie forme, con o senza manici, con preziosi intarsi e decorazioni. I materiali più utilizzati erano: pietre dure, alabastro, argilla, onice algerina, calcare rosato. Sono stati ritrovati anche cucchiai di legno con manici decorati, per stemperare i colori della cosmesi, cassette porta vasetti, flaconi in vetro colorato.


A cura di Paola Elena Ferri